AFFITTI IN NERO, SCATTA IL TAGLIO DEI CANONI

Gli ultimi ”pentiti” hanno poche ore per ravvedersi e dichiarare al Fisco l’affitto che finora hanno tenuto nascosto. Da domani, infatti, entrano in campo le super-sanzioni introdotte insieme alla cedolare secca dal decreto sul Fisco municipale. In pratica, chi viene pizzicato a percepire un affitto non dichiarato dovrà riconoscere all’inquilino un canone a prezzo di saldo, inferiore fino al 90% rispetto ai valori di mercato. Il tutto per quattro anni a partire dalla registrazione del nuovo contratto, rinnovabili di altri quattro.

La regola non lascia scampo, perché il nuovo canone sarà pari al triplo della rendita catastale – indicatore dal carattere archeologico – e terrà così gli introiti del proprietario lontanissimi dai livelli di mercato, traducendosi in una perdita di svariate migliaia di euro sulla distanza dei quattro (o degli otto) anni. Nelle intenzioni del Governo la stangata dovrebbe far cambiare abitudine ai tanti italiani – almeno 500mila, secondo le stime più prudenti – che ogni anno nascondono i propri redditi da locazione all’Erario.

Qualche numero, tra quelli indicati nel grafico qui a fianco, disegna bene i termini del problema: chi dà in locazione un bilocale a Roma, in una zona semi-centrale, come per esempio nei dintorni di corso Trieste, chiede al proprio inquilino 1.200 euro al mese (tutti i dati indicati nel grafico sono la media dei canoni rilevati dai principali operatori di mercato). Se non li denuncia tutti con puntualità e viene scoperto, il canone sprofonderà a 165 euro al mese, con un taglio d’ufficio che sfiora i 50mila euro nel corso della durata del contratto. Conseguenze simili si incontrano a Milano, mentre la differenza fra i canoni di mercato e quelli che sarebbero imposti dal Fisco si attenua un po’ nelle altre città, pur rimanendo sempre salata per l’eventuale ”colpevole”.

Nella pratica, il peso reale di questa sanzione dipende dall’incrocio di due fattori: il tasso di aggiornamento delle tariffe d’estimo, su cui si calcola la rendita catastale, e i livelli di mercato. Questo spiega, per esempio, il fatto che la sanzione dell’affitto calmierato, se confrontata con quella delle altre metropoli, sia un po’ più leggera a Torino, dove i valori catastali sono più elevati della media e il mercato chiede cifre decisamente più contenute rispetto a Milano o a Roma. Molto dipende anche dalle caratteristiche del singolo immobile: se l’edificio è di recente costruzione, o se il proprietario ha fatto rilevanti lavori di ristrutturazione e ha aggiornato la rendita, la differenza rispetto ai valori correnti sarà più contenuta. Una sanzione così congegnata dovrebbe avere un doppio effetto: oltre al deterrente per i proprietari, infatti, c’è l’incentivo alla denuncia da parte degli inquilini, che additando l’evasore all’Erario riuscirebbero a ottenere un mega-sconto almeno quadriennale sull’affitto da pagare. È il ”contrasto d’interessi”, da anni evocato come arma finale contro il nero immobiliare e oggi arrivato al debutto ufficiale. Nemmeno ora, però, le cose appaiono così semplici: a parte le iniziali incertezze degli uffici (raccontate nelle storie qui sotto), che potrebbero benevolmente essere spiegate con la novità del meccanismo, tutto dipenderà dalle carte che avrà in mano l’inquilino.

Chi riscuote un canone completamente ignoto al Fisco, spesso ha l’accortezza di non intestare all’affittuario nessuna utenza, proprio per non lasciare tracce, e di farsi pagare solo in contanti. E naturalmente pochissimi padroni di casa sono così ingenui (o sprovveduti) da firmare e consegnare all’inquilino le ricevute di pagamento o addirittura la copia cartacea del contratto non registrato. Per superare questa impasse, la circolare 26/E dice chiaramente che l’inquilino può registrare di propria iniziativa il contratto d’affitto – e quindi far scattare il canone scontato – anche «in assenza di un apposito contratto scritto». E questo anche se si tratta di evidenziare l’esistenza di un canone reale più elevato di quello dichiarato al Fisco. In entrambe queste ipotesi, però, l’inquilino deve presentare all’ufficio una denuncia in doppio originale e il «modello 69» compilato. Il che vuol dire possedere i dati catastali dell’immobile affittato e i dati anagrafici del proprietario. Altrimenti, se mancano gli elementi per compilare il modello, l’unica via appare quella di una segnalazione alle Entrate, che poi faranno le proprie indagini ed eventualmente emetteranno un avviso di accertamento, registrando d’ufficio il contratto super-scontato. Ma in questo caso, è ovvio, i tempi si allungano.
Inoltre, bisogna considerare le possibili difese del proprietario: 50mila euro di mancati guadagni valgon bene una causa, e un bravo avvocato – magari – potrebbe tentare di contestare la natura del rapporto sotto il profilo civilistico e dire, ad esempio, che l’inquilino non era un vero inquilino, ma solamente un ospite.

Fonte Il Sole 24 Ore – di Cristiano Dell’Oste e Gianni Trovati

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