INEWS 20 | L’Intervista

da licom

Francesca Zirnstein, Direttore Generale di Scenari Immobiliari

Architetto Zirnstein, parlando di mercato immobiliare italiano rapportato al mercato immobiliare europeo, quali sono le prospettive di chiusura del 2023 e quali le previsioni per il 2024?

Il 2021 e il 2022 sono stati anni particolarmente dinamici, con una forte crescita del mercato nella sua complessità, visto come “industria immobiliare” nella sua interezza, ma con diverse specificità in funzione delle varie asset-class, sia a livello europeo che nazionale. Anzi, in Italia i numeri di crescita sono stati evidenti, in alcuni casi superiori rispetto al resto d’Europa.

Diversamente il 2023 si sta concludendo con una situazione meno brillante. A livello europeo, per quanto concerne i cinque principali paesi europei (Germania, Francia, UK, Italia e Spagna), le aspettative di fatturato del mondo degli investimenti, così come quello degli acquisti da parte delle famiglie o delle piccole società di locazione, parlano di una diminuzione di circa il 2%.

Questo risultato negativo per l’Europa è dovuto in modo particolare a quanto accade in Germania, dove per la prima volta dopo 15 anni il fatturato immobiliare diminuirà del 5% circa. Allo stesso modo UK, Francia e Spagna non hanno brillato. La situazione meno negativa dell’Italia, all’interno di questa compagine dei cinque paesi, ha mitigato i numeri complessivi. Perché è vero che negli anni scorsi gli altri andavano al galoppo e l’Italia al trotto, ma in questo momento di difficoltà, loro si sono praticamente fermati, mentre l’Italia ha continuato ad andare alla sua velocità di crociera, per quanto leggermente rallentata.

Ad esempio, la Germania sta soffrendo perché non sta brillando il suo settore residenziale: infatti, se fino a pochi anni fa la percentuale di popolazione che viveva in locazione era oltre il 60%, con il restante 40% in case di proprietà, in questi anni la differenza si è assottigliata, portando locazione e proprietà ad equivalersi. In seguito a questo parziale riposizionamento da locazione a proprietà, il mercato ha sofferto con degli arretramenti importanti: in alcune grandi città, per dare risposta alle domande abitative, sono stati posti dei limiti ai canoni di locazione e ciò ha portato ad un progressivo irrigidimento del mercato immobiliare.

Anche il Regno Unito ha vissuto mesi molto complicati: il sistema quotato e non quotato dei debiti non ha performato bene, ci sono stati cali in alcuni settori e l’economia ha fatto fatica. Conseguentemente, ha sofferto anche il comparto immobiliare che ad essa è legato: infatti l’attività immobiliare è sempre particolarmente dinamica nella realtà inglese, perché vi è l’attitudine a rigenerare e trasformare in modo continuativo. Ma tale attitudine è fortemente legata al buono stato dell’economia, che ha appunto patito nel 2023. Vero è che l’economia anglosassone ha sempre la grande forza di riuscire a risistemarsi in pochissimo tempo per ripartire.

L’Italia si trova, invece, con delle previsioni di fine 2023 del fatturato in aumento di oltre il 3%, nonostante le compravendite nel comparto residenziale si avvieranno a una diminuzione. Sarà una diminuzione che oggi si prevede attorno al 12/13%: se si dovesse mantenere questa percentuale sino alla fine dell’anno ci troveremmo con un calo delle compravendite dalle 780 mila del 2022 alle 680 mila del 2023. Se anche arrivasse ad un calo più significativo, ci attesteremmo sulle 640mila compravendite. Per il nostro paese resta comunque un numero importante, con una media superiore a quelli degli ultimi 10 anni: abbiamo avuto grandi momenti di crisi in passato, dove il numero delle compravendite annue non arrivava alle 640 mila.

Il fatturato è in crescita, come dicevo, e ciò è dovuto al fatto che le dinamiche di aumento dei prezzi e dei canoni sono stati abbastanza evidenti. Infatti, nel nostro paese abbiamo avuto anni di continua retro-posizione sia per i canoni che per i prezzi. Gli incrementi erano veramente lievi al di fuori dalle grandi città (Roma, Milano, Firenze, Bologna, un pochino Torino e Napoli) e la media nazionale era di incrementi vicini all’1% annuo negli ultimi 10 anni.

Nell’ultimo periodo invece, l’incremento dei prezzi medi dei canoni è stato trainato dall’incremento dell’inflazione, dalla scelta da parte della domanda di prodotti di maggior qualità (quindi con un prezzo medio più alto) e dalla difficoltà di accesso al credito per parte delle famiglie italiane.ù

E se questo ha portato a una diminuzione del numero dei mutui erogati, dall’altra ha evidenziato la possibilità di acquistare da parte di chi aveva una solidità economica e ha quindi fatto scelte qualitative superiori, con prezzi più elevati: il tema della qualità di prodotto, sarà ormai sempre più evidente in tutti i settori, compreso quello immobiliare.

Nel 2023 il mercato immobiliare residenziale che andamento ha avuto rispetto a quello della logistica, del terziario e del commerciale? E che scenari ci aspettiamo per il 2024?

Per questi settori la situazione è in lieve miglioramento ma non è brillantissima: per questo, il 2023 non si chiuderà in modo particolarmente interessante. La principale criticità è evidenziata dal settore alberghiero, quindi nel ricettivo.

Questo anche in conseguenza delle performance piuttosto interessanti negli anni scorsi. In generale possiamo dire che la diminuzione del fatturato del “non residenziale” è dovuta in questo momento soprattutto all’assenza di prodotti di qualità, ovvero di prodotto adatto all’investimento da parte delle grandi società.

Come vede in prospettiva il mercato delle nuove costruzioni?

Il mercato 2023 delle nuove costruzioni, per quanto interessante come volano di innovazione nei luoghi dove si sta realizzando, è estremamente rallentato. Infatti, dopo alcuni anni positivi, vari fattori ne hanno pregiudicato lo stato. 

Il problema del caro materiali, dei semi-lavorati e dei lavorati che continuano ad avere costi molto alti, ha infatti generato un primo rallentamento. Insieme a questo, le lungaggini dal punto di vista amministrativo non aiutano, nonostante la mancanza di prodotto nuovo e di qualità: ad esempio a Milano si sta rifacendo ancora una volta la 2° variante al piano di governo del territorio e in questo momento gli operatori sono ancora in attesa di capire che cosa comporterà tutto questo.

Altro tema importante riguarda le maestranze nel mondo delle costruzioni, argomento che mette in grossissima difficoltà. Gli anni di crisi vissuti sino al 2017/2018 hanno aumentato la qualità delle società di costruzioni, le cui più virtuose oggi hanno un’esigenza di consolidamento della propria posizione attraverso l’attrazione di nuova forza lavoro.

Difficilissima da trovare e difficilissima da formare, anche perché il mondo delle costruzioni si è modificato, la tecnologia è diventata sempre più centrale, i materiali insieme alle modalità di costruire si sono evoluti. E in Italia purtroppo abbiamo poco prodotto nuovo rispetto al necessario. Ci sono territori nei quali la quantità di prodotto immobiliare è superiore alle esigenze anche del 15-20%, e poi ci sono aree urbane – non soltanto nelle grandi città metropolitane – dove il prodotto residenziale realmente a disposizione sul mercato è scarsissimo, inferiore all’1%.

Che previsioni ci sono per il mercato delle locazioni in rapporto a quello delle vendite?

Se facciamo i conti complessivi, tra compravendite e locazioni, in Italia abbiamo bisogno ogni anno di circa 2 milioni di abitazioni (questo dato in futuro potrebbe lievemente diminuire). Di questo numero complessivo, circa 650mila unità nascono dalla compravendita, il resto sono contratti locazione.

Nel 2022 l’Agenzia delle Entrate ha indicato circa 1.350.000 contratti di locazione, di cui poi ne analizza approfonditamente circa il 70% di cui ha tutte le informazioni. In passato nel nostro Paese, al crescere del numero delle compravendite corrispondeva una diminuzione dei nuovi contratti di locazione. Nel 2022 non è stato più così, indice di una tendenza che si sta modificando negli ultimi anni.

Nel 2023 evidentemente il comparto delle locazioni è sotto pressione – un comparto che sta lavorando e funzionando molto bene – perché quella parte di cittadini italiani che non riescono ad accedere all’acquisto della propria abitazione a causa dell’incremento dei tassi dei mutui, si spostando di nuovo verso la locazione. In Italia l’idea di mercato della locazione purtroppo è ancora estremamente legata al bisogno, ovvero il mercato della locazione è considerato complessivamente alternativo a quello della compravendita.

Prima del periodo Covid, questa tendenza a contrappore locazione e proprietà si stava modificando: sembrava che anche in Italia si potesse aprire un mercato della locazione gestita – quello della multifamily – ove una famiglia, indipendentemente dalla propria situazione economica e dal propria volontà di stare in un ambiente o in un altro, sceglie di vivere in affitto perché ritiene che l’acquisto della casa porti con sé delle responsabilità e obblighi che non si vuole prendere, preferendo la possibilità di poter cambiare in modo più flessibile in funzione di svariate esigenze, non solo relative ad un cambiamento economico. Ma il Covid ha solo rallentato questa evoluzione, tanto è vero che nel 2022 in Italia è stato investito circa un miliardo di euro, da soggetti istituzionali, proprio nel comparto residenziale multifamily.

Anche se in realtà vi è una parte di mercato, che riguarda gli utilizzatori temporanei sia per motivi di lavoro che di studio. E forse quello che manca in questo momento – ed è la grande sfida dei prossimi anni – ovvero è una dimensione affordable soprattutto nelle città metropolitane che è simile – ma non è detto debba essere completamente sovrapponibile – al concetto di social housing.

Riguardo l’offerta di locazione per quelle persone che nelle città metropolitane abitano per far funzionare i servizi, ma che non hanno la possibilità di pagare i livelli che oggi sono quelli di riferimento. Mi riferisco a chi lavora negli ospedali, alla realtà infermieristica, a chi lavora nelle società dei trasporti, nella scuola, ecc… cioè a tutta quella parte di popolazione che vive nelle città metropolitana, che le fa funzionare ma che non può essere top spender. 

Poi c’è il mondo del lusso che va molto bene anche se percentualmente è poco rilevante. A Milano si stanno vedendo parecchie trasformazioni da questo punto di vista, con un numero di appartamenti abbastanza limitato, che possono usufruire di tanti servizi aggiuntivi compresi nei canoni di locazione.

Infine, quello che si dovrà sviluppare – ricollegandoci al mondo del nuovo prodotto – è proprio un prodotto per le famiglie, un prodotto di buona qualità che sia un prodotto da locazione gestita che noi ancora non abbiamo. 

Purtroppo, in questo momento, se c’è una parte del settore dell’industria immobiliare che è veramente in attesa, è quella degli investitori istituzionali che arrivano nel nostro mercato. Lo scorso anno hanno investito 12 miliardi di euro nei vari comparti, tra cui il residenziale multi-family, il terziario e la logistica.

Evidentemente nel 2023 tali investimenti sono rallentati, in Italia così come in tutto il resto d’Europa: anche per gli investitori si registra una difficoltà di accesso al credito, con l’aumento dei tassi, lento ma costante, che mette in grossa difficoltà chi deve fare business-plan di investimento.

In sostanza non è diminuito l’interesse per il nostro paese né da parte degli investitori, né da parte della domanda interna; abbiamo un tema di debolezza e timori per quanto riguarda la situazione geo-politica generale.

Il 31° Forum Scenari Immobiliari che si è tenuto quest’anno aveva come titolo City to be; ci può brevemente illustrare quali considerazioni sono emerse?

Innanzitutto, ci tengo a dire che io sono un’appassionata di città e le considerazioni sulle città che sono emerse in occasione del 31° Forum sono positive.

Oramai si è sgombrato totalmente il campo dall’idea e dal pensiero che gli avvenimenti di questi ultimi anni, non soltanto quello che riguarda il Covid ma anche quelli di carattere geo-politico, avessero indebolito le città. Queste ultime continuano ad essere il luogo di attrazione dei capitali, dei talenti e delle innovazioni.

Un tema presentato durante il Forum, in un video dell’Arch. Ratti che parlava del futuro degli uffici, ha evidenziato che esistono delle relazioni forti e delle relazioni deboli, che si instaurano all’interno dei luoghi di lavoro e io aggiungo che si tengono all’interno delle città. Le relazioni forti sono le nostre famigliari, le nostre “comfort zone”, quelle dove ci troviamo bene, sono sicure, confortevoli e indubbiamente ci mettono meno alla prova. Le relazioni deboli sono, invece, quelle che avvengono all’interno della città, per vicinanza all’interno dei luoghi di lavoro con i nostri colleghi, con i conoscenti ma non amici intimi; sono quelle all’interno delle quali le idee e le innovazioni si esprimono.

Le città sono un po’ questo luogo delle relazioni deboli e quindi il futuro è un futuro di città, un futuro nelle quali le città devono riuscire a trovare la via, grazie a noi come settore, come industria immobiliare appunto dell’inclusione. 

Le persone e i soggetti che hanno una possibilità di spesa e una debolezza maggiore si spostano verso le città perché sono le città che elargiscono i servizi e quindi, in una situazione di maggiore debolezza, la vicinanza ai servizi è un valore aggiunto impagabile. Chi non ha nessuno di questi problemi può vivere in un luogo dorato, lontano dalle città perché può spostarsi, può raggiungere e può avere qualsiasi tipo di risposta o di esigenza anche da lontano.

Naturalmente le città sono attrattori della parte più forte ma anche della parte più debole. Le grandi sfide sono del futuro non solo per le grandi metropoli a livello continentale, dove dal punto di vista sociale ed economico ci sono problemi che sono evidentemente maggiori dei nostri, ma anche le città Europee, che hanno una loro caratteristica, sono diverse dal resto del mondo, hanno la loro qualità, fanno del loro posizionamento come rango, uno degli elementi più importanti, hanno bisogno di capire come lavorare nel solco dell’inclusione, che è un’inclusione che passa prima di tutto attraverso (per il nostro paese) con un consolidamento della forza economica degli abitanti; il grosso problema il motivo per cui in questi anni per cui in questi anni prezzi e canoni del residenziale e del terziario e degli uffici sono cresciuti pochi in Italia è che la capacità di spesa degli italiani, sulla base del loro reddito non è aumentata. I nostri salari, i nostri stipendi sono rimasti molto in linea come 10/15 anni fa e la vita invece è diventata molto più richiedente dal punto di vista economico.

Le città sono il luogo del lavoro ma il lavoro deve essere rispettoso e giustamente remunerativo ed è l’unico modo perché poi si possano mettere a frutto delle attività, di reale inclusione che l’industria immobiliare deve riuscire a realizzare, non solo per il settore del residenziale o il settore del terziario, ma anche per quello del tempo libero; che è componente fondamentale della vita delle persone e delle città.

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Francesca Zirnstein
Direttore Generale Scenari Immobiliari
milano@scenari-immobiliari.it


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