> La pelle degli edifici || un caso di studio sul restauro e messa in sicurezza delle facciate degli edifici

La facciata degli edifici, oltre a essere parte della struttura, è costituita da rivestimenti di varia natura che proteggono e decorano gli elementi strutturali.

Gli aggetti appartenenti alle facciate come i cornicioni, i balconi e le parti decorative, velette e altre strutture secondarie, sono parte integrante delle facciate. Queste parti sono quelle maggiormente esposte alle intemperie e quindi al degrado nel tempo.

Nel caso di rivestimenti di facciata con intonaco e cementi decorativi è il fenomeno della corrosione del calcestruzzo a causare di solito i danni maggiori, provocando anche crolli locali che possono risultano pericolosi.

Anche l’umidità e i danni derivanti dalle perdite d’acqua dalle grondaie e dal tetto possono essere una seria causa di degrado delle facciate.

Edifici che hanno almeno 50 anni presentano di solito i rivestimenti eseguiti in pietra o mattonelle di klinker (si pensi agli edifici di Giò Ponti). Questi rivestimenti hanno di caso in caso manifestato vari crolli locali, con distacchi del rivestimento piuttosto pericolosi.

 

 

Per focalizzare meglio il problema, illustrerò un caso che mi è stato posto all’attenzione di recente, e riguarda un edificio milanese che risale al 1959 rivestito un marmo. La struttura dell’edificio è a telaio in cemento armato, con tamponamento realizzato mediante laterizio forato. Il rivestimento delle facciate è interamente in travertino nelle facciate principali e ceppo in quelle di testa. Lo spessore delle lastre risulta essere di circa 30 mm, e il peso massimo ipotizzato dei pezzi varia dai 40 kg a 100 kg (la massima dimensione della lastra in travertino rilevata è di 1.0 x 1.40 m).

Il caso si presenta quando due lastre delle dimensioni di più di un metro quadrato si staccano improvvisamente da un piano alto, andandosi a frantumare sul marciapiede di fronte all’ingresso.
Le lastre di pietra erano affrancate con solo quattro ritegni a scomparsa metallici che man mano nel tempo si sono corrosi. I ritegni a gancio sono posti ai quattro vertici di ciascuna lastra, quindi le lastre sono sigillate da malta cementizia.

Le lastre di travertino si erano disancorate dalla facciata a causa della corrosione dei ritegni a L in materiale ferroso, e forse anche a causa delle numerose lesioni dovute a dilatazioni termiche.

Ai tempi dei Romani questi ganci erano in bronzo, ma purtroppo nel recente dopoguerra si cominciò ad usare l’acciaio, riponendo una fiducia errata sia sulla sua resistenza che sulla capacità di resistere alla corrosione

Il degrado, così come è stato possibile apprezzare, è abbastanza diffuso. Si verificano frequenti lesioni delle lastre in travertino con crepe probabilmente passanti in verticale e, in alcuni casi, poste a 45°, che attraversano più lastre fino anche alle velette delle finestrature.

Le lastre in ceppo presentano un diverso sistema di aggancio che ha cominciato a corrodersi espellendo il copriferro in vari punti.

IL PROCEDIMENTO DI RESTAURO

Normalmente in questi casi, se i ganci non comportano pericolo per la produzione di ossidi che possono espandersi, si utilizza un nuovo sistema di ancoraggio attraverso appositi tasselli che poi vengono adeguatamente stuccati.

Ma preliminarmente si devono seguire i seguenti passi:

1. determinazione con certezza delle cause del degrado e distacco delle lastre e del degrado in corso, attraverso prove sperimentali (indagine petrografica, verifiche magnetiche della posizione di ogni fissaggio, verifica dei vari substrati portanti e mappatura degli stessi, indagini endoscopiche, indagini con ultrasuoni, verifica dei vuoti con sonde a onde radar, ecc.);

2. prove sui materiali e test sperimentali;

3. prove del procedimento di pulitura e successiva protezione sulle lastre;

4. rilievo materico generale con mappatura delle lesioni;

5. progettazione esecutiva e messa a punto dell’intervento più sicuro, verifica strutturale dello stesso con collaudo del sistema di fissaggio scelto, con verifica stratigrafica dei vari supporti strutturali;

6. verifica puntuale con scheda tassello per tassello della corretta messa in opera dei sistemi di fissaggio.

L’intervento di restauro deve necessariamente terminare con una apposita relazione di calcolo che attesti la buona riuscita dell’intervento.

Come scritto nell’articolo del numero precedente, presto per la città di Milano sarà obbligatorio per gli edifici che hanno più di 50 anni, ottenere da un tecnico abilitato il certificato di idoneità statica (CIS). Molto spesso questi edifici ricadono nei casi in cui è necessaria una manutenzione straordinaria delle facciate. L’intervento di restauro di una facciata con questi problemi è propedeutico al rilascio del CIS.

Certo che il costo dei numerosi interventi che si dovranno effettuare a breve è molto elevato per i cittadini e le imprese. Un aiuto in tal senso potrà essere anche il «bonus facciate» contenuto nella manovra finanziaria del Governo, con la detrazione fiscale del 90% delle spese sostenute per chi rifà gli esterni. La nuova agevolazione prevede un credito fiscale del 90% per chi nel 2020 avvierà il restauro della facciata di casa o del condominio, in centro storico o periferia, nelle grandi città o nei piccoli comuni. Naturalmente aspettiamo il testo definitivo della nuova legge.

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Ing Stefano Tedeschi | Txt Engineering | txt@txtengineering.com | www.txtengineering.com 

 

 

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